Endometriosi e Covid-19: risultati e commenti all'indagine A.P.E.
La pandemia Covid19 ha portato il sistema sanitario al collasso, portando a un accesso più difficile alle cure per alcune categorie di pazienti, compresi i pazienti cronici. Dal 3 agosto al 17 Settembre 2020 l’A.P.E. ha investigato effetti e relazione tra endometriosi e Covid19; la nostra associazione ha infatti deciso di realizzare questo questionario per meglio comprendere gli effetti che la pandemia di Covid19 ha avuto, e ha ancora oggi, sulle donne affette da endometriosi in termini di accesso alle cure, assistenza sanitaria e spese da sostenere. L’obiettivo è stato quello di elaborare un punto di vista globale, di pazienti che vivono la cronicità ancora prive di tutele economico-lavorative, in questo particolare periodo storico.
Hanno risposto al questionario oltre 1000 donne in tutta Italia. I risultati sono stati elaborati per essere portati all’attenzione di istituzioni e addetti ai lavori. Al momento quello elaborato dall’A.P.E. è un questionario inedito, in quanto non sono reperibili altri dati che indaghino in egual modo gli effetti che la pandemia ha avuto sulle donne con endometriosi in Italia. Oltre la metà delle intervistate ritiene che la pandemia di Covid abbia influito sulla propria capacità di curarsi, per molteplici ragioni che hanno a che fare con motivi economici, difficoltà di spostamenti al di fuori della propria regione, così come limiti relativi alla possibilità di accedere alle cure. E’ ipotizzabile che l’impatto economico del virus influisca sulle capacità economico-lavorative delle persone, minando l’aderenza terapeutica, e generando un aumento di interventi assistenziali. Vediamo di seguito perché.
Il 41% delle donne ha dichiarato di aver temuto di non poter essere adeguatamente assistita (anche per visite/interventi precedentemente fissati) durante il periodo di Lockdown, mentre il 37% ha temuto di doversi recare in ospedale. Questi dati lasciano intendere come i mesi di lockdown siano stati affrontati dalle pazienti con angoscia, nel vivere un dolore inassistito in una situazione straordinaria e isolante come quella di un lockdown. Come emerge dalle risposte infatti, l’idea di doversi curare con urgenza e convivere con lo spettro di non riuscire a farlo, ha accompagnato le pazienti per mesi. Un timore giustificato dal 24% delle intervistate che ha effettivamente riscontrato difficoltà nel ricevere assistenza; in parte a causa della crisi sanitaria, ma in misura non inferiore anche a causa delle difficoltà di spostamento tra regioni, che hanno negato la possibilità di recarsi verso centri specializzati, per ricevere diagnosi e terapie adeguate, o semplicemente dare continuità al percorso di cura.
C’è poi l’insidiosa questione delle attese: oltre il 47% delle intervistate ha rivelato come l’emergenza Covid-19 abbia genericamente avuto un impatto sul proprio accesso alle cure; la Sanità pubblica esce ferita da questa pandemia, con conseguenze sull’allungamento delle liste di attesa e sulle tasche delle pazienti. Quasi il 36% ha poi dichiarato di aver subito ritardi e/o annullamenti a visite per endometriosi precedentemente fissate, e oltre il 22% ha ammesso di non essere stata ricontattata per ripristinarle, o di aver dovuto prendere contatto di propria iniziativa perché ciò avvenisse. Sebbene il progredire dell’endometriosi sia relativamente lento, si tratta di mesi di isolamento in cui le pazienti soffrono dal punto di vista psicofisico, ed in cui possiamo potenzialmente assistere ad un peggioramento della malattia, con danni evitabili attraverso interventi tempestivi e precoci.
L’endometriosi implicava costi altissimi anche prima di questo periodo storico, oggi però le donne dichiarano che per curarsi in tempi brevi dovranno farlo privatamente, di tasca propria, un costo che si va ad aggiungere a quelli non esenti delle terapie, dei medicinali, o di altre prestazioni multidisciplinari già di per sé non garantite dal Sistema Sanitario (pensiamo alla psicoterapia, all’osteopatia, al nutrizionista ecc..). Una situazione che si somma al complesso tema dei congedi lavorativi per endometriosi e alla perdita di lavoro delle pazienti, un risvolto della malattia esasperato dall’attuale situazione economica che rischia di aumentare le diseguaglianze tra pazienti e di minare l’aderenza terapeutica. In un mondo del lavoro storicamente pensato per gli uomini, in cui il divario salariale ed occupazionale è ampio e accompagnato da scelte di inattività obbligate, non è assurdo immaginare che saranno le donne le più colpite dalla crisi lavorativa. E’ possibile quindi che per le pazienti affrontare le spese di cura senza un’esenzione, o gestirne i congedi lavorativi, sarà ancor più complesso. A maggio 2020 Eurostat ha infatti pubblicato un report sui progressi dell’Unione Europea verso i 17 punti per lo sviluppo sostenibile e la parità di genere: è emerso come le donne italiane continuino ad avere più difficoltà degli uomini nella ricerca di un lavoro, elemento reso evidente dal divario occupazionale di genere, che si mantiene stabile negli anni invece di diminuire, e che a causa degli effetti della crisi sanitaria in corso, rischia di aggravarsi ulteriormente nel tempo.
La reciprocità che esiste tra Covid ed endometriosi esaspera una situazione preesisitente, gravando ulteriormente sulle spalle delle stesse. Possiamo ritenere, alla luce dei risultati del nostro questionario che l’emergenza Covid sia un’emergenza anche per le pazienti con endometriosi, in attesa di tutele ed esenzioni da decenni; un circolo vizioso che potrà essere interrotto solo elaborando un modello di assistenza sostenibile e attento alle esigenze di milioni di donne alla quale la pandemia ha assestato un ulteriore duro colpo.
(Sara Beltrami)